SE S'INGOIA IL CLIMAX
NON SI DIGERISCE IL PLOT...
Del leggere e dello scrivere
Secondo Mario Varga Llossa, il cannibalismo è una delle caratteristiche essenziali del romanzo. Il romanziere si alimenta di tutto, tutto va bene per scriverne, non ci sono materiali più nobili e materiali meno nobili, degni o indegni. Stephen King, da parte sua, invita a scrivere solo di cose vere, anche se spesso la fiction appare più vera della realtà, perché è più emblematica e l'autore riesce attraverso l'apologo a dire le cose che non sempre, con la necessaria forza, la realtà riesce a manifestare.
Perché cito questo? Già so che a voi non piacciono le citazioni ed io quasi sempre cerco di evitarle, ma voglio questa volta utilizzare le opinioni di due grandi scrittori per parlare dello scrivere, giacché solo conoscendo le regole della scrittura si riesce a trovare il modo giusto di leggere un libro. Naturalmente parlo dei libri che si nutrono di fatti, non di quelli di evasione, a cui il nostro clima opportunistico e giocherellone dà grande opportunità e, perché no?, grande valore, persino commerciale.
Ma torniamo ai cannibali. Quando vogliamo esprimere l'esperienza di un essere umano, una situazione conflittuale, una lotta tra presente e futuro, tra bene e male, essere e dover essere, il genere che rappresenta in modo naturale tali questioni, insieme ai rapporti che ne scaturiscono, è il romanzo, con il compito di scavare molto al di sotto di quanto si vede in superficie, riuscendo - attraverso l'intreccio narrativo(plot), le situazioni e i caratteri emblematici, le continue sospensioni, che ci accompagnano fino al culmine dell'azione(climax) - a rendere molto di più della stessa realtà. E cosa fa il romanziere-cannibale? Strappa a morsi una gamba della propria fidanzata lasciando a terra tutto il resto, quindi afferra il seno turgido e voglioso di una donna conosciuta al supermercato e lega tutto al resto del corpo della tata che aveva dormito con lui quando era ancora un bambino. Così spesso nascono i personaggi e sono un miscuglio di pezzi di carne e movimenti, digeriti in un assortimento di sapori.
C'è invece il lettore che non cerca nell'intreccio narrativo il significato più intrinseco ma, teso alla ricerca di riferimenti reali, provvede ad uno smontaggio dell'intero impianto, per cui il romanzo non è più visto nella sua integrità, ma viene segmentato e tagliato, in maniera che alla fine non importa più se le cose dette siano del personaggio principale della storia o del narratore esterno o perfino, cosa assai erronea, dello stesso autore. Se poi il libro affronta temi scottanti, di diretto riferimento alla realtà, cosa purtroppo assai rara nella narrativa moderna, questo genere di lettore non assapora il messaggio che promana dall'opera, ma va alla spasmodica ricerca del riferimento a qualcuno realmente esistente, e se ne trovano almeno tre, visto che solitamente ogni protagonista è formato da minimo tre riferimenti incrociati, sui quali è poi l'autore ad intervenire, come a lui piace, evitando l'insignificante cronaca e gli stantii riferimenti biografici.
Ricordo, ad esempio, che nell'ultimo mio libro, Visioni di un naufrago, edito dalla Garzanti, ho usato la storia che ha molto coinvolto la nostra città ma, da vero cannibale quale sono, ho pensato di farlo assai liberamente, avendo come obiettivo di trarne un significato valido qui ed altrove. Infatti, la lotta per imprescindibili diritti, come quello ad avere un ambiente pulito, ha una valenza planetaria, come dimostrano le ultime vicende dei contestatori del G8. E spesso avviene che, in queste lotte sacrosante, da affrontare, per quanto è possibile, con la sana forza della moderazione e del confronto, vi sono gruppuscoli intrattabili, fatti prede dei più estremi ideologismi.
Ebbene, pur non essendoci motivo per adontarsi, qualcuna si è non poco adontata, per le espressioni irriverenti, lasciate senza censura in bocca al principale protagonista del mio romanzo, dirette verso alcune donne assiomatiche che, come piccola fronda, si agitavano ai margini della lotta.
Questo modo davvero inadeguato di leggere un libro riguarda, per lo più, persone non molto avvezze alla lettura, le quali usano mordere il libro come si addenta un cocomero; staccano le parole quasi fossero frittelle ed alla fine ne viene fuori una gran confusione, si smarrisce il significato dell'opera e tutto appare come una città caotica, in cui non si sa nemmeno se l'autore è il protagonista o se egli finge di essere il protagonista per andare a letto con la moglie del vicino.
Ma non parliamo solo di lettori e diamo ad ognuno la sua croce. Perché non aggiungiamo, per esempio, a quanto detto, che gli scrittori di romanzi non solamente sono cannibali, ma anche dei gran bugiardi?
Essi infatti non dicono mai la verità, a cominciare dall'ambiente in cui collocano l'azione del romanzo, che a volte può essere facilmente identificato, ma spesso, io lo preferisco, è totalmente inventato, per lasciare al lettore la libertà di farsene uno proprio. Non parliamo, poi, delle vicende che vengono, come ferro dolce, liberamente modellate dall'autore, al fine d'ottenere il significato ch'egli intende raggiungere.
Anche su questo non è raro si trovino dei lettori (o lettrici) abbastanza improvvidi, da non peritarsi di accusare il romanzo di non essere fedele. Ma fedele a che? Alle vicende trattate. Ma vi pare che gli storici siano fedeli alle vicende effettivamente accadute? No di certo, perfino gli storici non lo sono, visto che la storia ha come scopo di dare un'interpretazione ai mille frammentati accadimenti, e di solito, per liberarsi dalla soggettività, essi si astengono dal dare giudizi su fatti da poco tempo accaduti. Forse la cronaca soltanto potrebbe essere veritiera, ma neanche ne siamo tanto convinti, viste le polemiche successive ad ogni articolo di giornale e le consuete smentite che piovono subito dopo un'intervista. Figuratevi se potrà mai esserlo il romanzo, che è in modo dichiarato il marito più infedele e, notoriamente, il più bugiardo.
Per finire: è bello saper scrivere, ma è anche utile saper leggere.